Sempre più spesso anche in ambito ortopedico si sente parlare di mininvasività, ma cosa intendiamo effettivamente con questo termine?
Molte persone pensano solo alla dimensione del taglio chirurgico, ma mininvasività significa ben di più. Mininvasività è infatti un concetto più generale e ad ampio respiro che esprime l’approccio globale del chirurgo nei confronti del paziente, paziente che viene inteso come persona e non solo come un’articolazione da curare.
Mininvasività a partire dal consenso informato
La mininvasività è un concetto che parte già dalla gestione dello stress del paziente nel momento stesso in cui si approccia a un intervento chirurgico e, nella fattispecie, all’atto del consenso informato.
Questo rappresenta una fase importante in cui noi chirurghi proponiamo un atto sanitario al paziente e gli forniamo, in modo chiaro e appropriato alle sue capacità di comprensione, tutte le informazioni relative all’intervento stesso.
Come farlo in maniera mininvasiva? Cercando di tranquillizzare il paziente, di farlo sentire più sicuro, spiegando che si tratta di un intervento chirurgico che molte persone hanno già fatto prima di lui con ottimi risultati, chiarendo che in letteratura gli esiti sono molto soddisfacenti, sottolineando gli aspetti positivi. Ovviamente vanno spiegati anche gli aspetti negativi e le possibili complicanze, ma senza spaventare il paziente che ha bisogno dell’intervento chirurgico.
Ricovero e gestione peri-operatoria del paziente
La mininvasività viene messa in pratica anche nell’ambito della fase pre- e post-operatoria con protocolli relativi alla gestione del dolore e delle perdite di sangue, che si traducono in una minor sofferenza per il paziente.
Da un lato, infatti, percependo meno dolore la persona operata ha meno problemi; dall’altro, è importante ridurre le perdite ematiche perché queste diminuiscono le forze e l’energia del paziente.
Mininvasività dell’atto chirurgico vero e proprio
Ovviamente le tecniche mininvasive rivestono un ruolo basilare durante la fase chirurgica vera e propria. In questa fase la mininvasività è da intendersi non solo nel senso di un taglio chirurgico di piccole dimensioni, ma anche come minor aggressività nei confronti dei tessuti interni del corpo quali i muscoli, i tendini e le ossa.
A questo proposito, nell’ambito della chirurgia protesica dell’anca rivestono grande importanza la via mininvasiva postero-laterale e quella anteriore, una via d’accesso che consente al chirurgo di raggiungere l’articolazione da sostituire risparmiando i muscoli, che non vengono tagliati ma spostati.
Per quanto riguarda la protesica di ginocchio, invece, nell’ambito della mininvasività va citata la tecnica di allineamento cinematico, procedura mininvasiva rispetto alle altre tecniche non tanto in termini di invasività tissutale (che è sovrapponibile), quanto per invasività nel senso di stravolgimento della cinematica originaria del ginocchio. Con questa tecnica, infatti, tendiamo ad avvicinarci quanto più possibile alla cinematica del ginocchio del paziente prima della comparsa dell’artrosi. In questa maniera durante l’intervento chirurgico non dobbiamo ricorrere a lisi legamentose, o a riequilibri o sorprese in termini di lassità tissutale alla fine dell’intervento.
La chirurgia artroscopica
Parlando di mininvasività in Ortopedia è infine doveroso citare anche le tecniche artroscopiche, una vera e propria rivoluzione nell’ambito della chirurgia del ginocchio, in quanto consentono un’importante riduzione sia dell’invasività chirurgica che dei tempi di recupero.
L’artroscopia viene ormai utilizzata frequentemente, e con risultati sempre più soddisfacenti, anche nel campo della traumatologia dello sport per la riparazione e le suture di lesioni correlate a infortuni.
In sostanza, dunque, la mininvasività rappresenta una modalità di approccio che la nostra equipe mette in atto non solo durante l’atto chirurgico in sé, ma lungo tutto il percorso di gestione del paziente, anche in fase pre- e post-operatoria.