Negli ultimi anni gli interventi per l’impianto di protesi di ginocchio e di anca sono diventati tra le procedure più comuni in chirurgia ortopedica, con tecniche sempre meno invasive e materiali innovativi e all’avanguardia.
Ma c’è di più: sono stati anche implementati protocolli e sistemi multidisciplinari finalizzati a ottimizzare i processi perioperatori per il cosiddetto rapid recovery del paziente.
Fast-track: di che cosa si tratta?
Con il termine rapid recovery intendiamo il recupero precoce del paziente rispetto ai protocolli convenzionali e agli standard che si sono sempre utilizzati.
In particolare, il protocollo cosiddetto “fast-track”, che viene applicato sia per gli interventi di sostituzione dell’articolazione del ginocchio sia per l’anca, è figlio dei protocolli perioperatori che mettiamo in atto per la gestione del dolore e delle perdite ematiche associati alla rapida riattivazione fisico-motoria del paziente nel postoperatorio.
I protocolli fast-track, che si esplicano in un percorso snello dal ricovero del paziente fino alla sua dimissione, sono finalizzati a ottimizzare le procedure per garantire risultati ottimali e raggiungere i seguenti obiettivi:
- riduzione della durata della degenza in ospedale
- riduzione delle complicanze perioperatorie
- riduzione del sanguinamento e minore necessità di trasfusioni ematiche
- riduzione del dolore postoperatorio e del disagio per il paziente
- mobilizzazione precoce e raggiungimento anticipato dei traguardi funzionali
- elevata soddisfazione del paziente.
Un elemento chiave in particolare è rappresentato dal trattamento precoce e dal controllo efficace del dolore post-operatorio che consente ai pazienti una mobilizzazione precoce.
Tutti gli sforzi che mettiamo in atto nel percorso fast-track producono un risultato sinergico finalizzato a offrire al paziente il miglior trattamento possibile.
L’importanza dell’approccio multidisciplinare
La possibilità di applicare i protocolli fast-track è frutto non solo dell’abilità del chirurgo, che fa sempre del suo meglio quando opera un paziente, ma anche del coinvolgimento del team multidisciplinare che segue il paziente stesso nella fase perioperatoria (prima e dopo l’intervento chirurgico): anestesisti, fisioterapisti e infermieri.
Senza di loro il fast-track non sarebbe possibile.
Se da parte sua il chirurgo utilizza, per quanto possibile, tecniche mininvasive con l’obiettivo di minimizzare l’aggressività nei confronti dei tessuti interni del corpo (muscoli, tendini e ossa), l’anestesista sceglierà di eseguire la tipologia di anestesia che consenta una più rapida ripresa della funzionalità per il paziente operato.
Essenziale anche la figura del fisioterapista che assisterà il paziente in un programma riabilitativo intensivo e personalizzato già dalle prime ore postoperatorie, con un percorso mirato alla ripresa precoce della deambulazione e al raggiungimento di un recupero funzionale tale da renderlo autonomo nelle attività basilari della vita quotidiana, quali, oltre a camminare, l’igiene personale e salire e scendere le scale.
A ciascun paziente il proprio fast-track
Ovviamente la messa in atto del protocollo fast-track prevede un maggiore coinvolgimento del paziente nel percorso assistenziale/terapeutico.
Affinché il fast-track abbia successo è fondamentale che i pazienti vengano informati, coinvolti e motivati a partecipare in modo attivo a questo programma di recupero rapido, e si impegnino per raggiungere l’obiettivo. Un impegno che il paziente può mettere in atto già durante la fase preoperatoria, al fine di ottimizzare le proprie condizioni generali e arrivare preparato all’intervento.
Ma qual è il fast- track ideale? Non esiste una risposta univoca a questo quesito; il fast-track infatti non è uguale per tutti e ogni paziente merita il proprio, quello più adatto al singolo caso.
Per questo motivo, quando dobbiamo impiantare una protesi di ginocchio o di anca, analizziamo la singola tipologia di paziente, la singola problematica, la presenza di fattori di rischio (per esempio, eventuali patologie associate, l’abitudine al fumo, la presenza di ansia, di anemia preopreratoria, il grado di autonomia della persona) che potrebbero influire sul suo percorso e sull’incidenza di complicanze e, sulla base di queste valutazioni, personalizziamo tutto.
Perché il nostro obiettivo è dare a ciascun paziente il miglior trattamento possibile.