La filosofia dell’equipe Axolorth: personalizzare il trattamento, dalle terapie cellulari alle protesi articolari. Ne parliamo con il dottor Vincenzo Madonna, responsabile del reparto di ortopedia di Humanitas Castelli di Bergamo
Dottor Madonna, qual è l’approccio della vostra equipe alle problematiche articolari?
Il nostro approccio nell’ambito della chirurgia articolare è quello di valutare l’articolazione nella sua complessità. Occupandoci non soltanto di chirurgia protesica sostitutiva, ma anche di traumatologia dello sport – quindi di cartilagine, menischi, legamenti – analizzando l’articolazione globalmente.
Il nostro intento è quello di personalizzare nei minimi particolari il trattamento, considerando non solo lo stato patologico e le strutture coinvolte, ma anche l’età e il livello di attività del paziente. Non tutti i pazienti che presentano un determinato tipo di patologia necessitano infatti dello stesso tipo di terapia: una persona può essere più giovane, con richieste funzionali più elevate, può svolgere un lavoro particolarmente pesante oppure fare una vita molto sedentaria e quindi il trattamento è diverso a seconda delle necessità della persona, delle sue caratteristiche fisiche e del suo livello di attività.
La nostra idea è essere chirurghi di un determinato distretto anatomico, non di un tipo di chirurgia, come sono invece i chirurghi puramente protesici o puramente ricostruttivi, che adattano il paziente alla chirurgia invece di adattare la chirurgia al paziente.
“From cells to metal”: che cosa significa?
È proprio il concetto della personalizzazione del trattamento, cioè un determinato tipo di patologia può richiedere un innesto di cellule staminali piuttosto che la chirurgia protesica
e tra la terapia cellulare e la chirurgia protesica, nel ginocchio per esempio, abbiamo molte opzioni: la chirurgia ricostruttiva legamentosa, la chirurgia cartilaginea, i trapianti meniscali, la ricostruzione multilegamentosa, la chirurgia osteotomica.
Quando il processo degenerativo coinvolge il compartimento interno (mediale) di un ginocchio varo (il cosiddetto ginocchio da calciatore o da cavallerizzo), invece di pensare a una chirurgia protesica si potrebbe iniziare a pensare a un’osteotomia, per riportare l’asse dell’arto inferiore al suo asse naturale in modo da ridistribuire il carico sui compartimenti dell’articolazione.
E nell’ambito della stessa chirurgia protesica il paziente magari non necessita di una chirurgia protesica totale, ma di una chirurgia protesica selettiva. Ad esempio, nel caso di un paziente che ha l’artrosi soltanto sul compartimento femoro-rotuleo vado a fare la chirurgia protesica solo su quel compartimento e non su tutto il ginocchio.
Dunque a ogni paziente la sua protesi…
Non solo personalizziamo la scelta della tipologia di protesi (quindi la protesi monocompartimentale, bicompartimentale o totale), ma anche la scelta del tipo di impianto e della tecnica chirurgica a seconda dell’anatomia e della cinematica del ginocchio.
Nell’ambito della chirurgia protesica del ginocchio sta prendendo sempre più piede il concetto di allineamento cinematico, ossia un allineamento personalizzato: andando a ristabilire la biomeccanica dei vari compartimenti, ripristiniamo quello che era il volume articolare originario del ginocchio, riportando i legamenti alla tensione originaria e l’articolazione femoro-rotulea a uno scorrimento normale, com’era prima dell’inizio del processo artrosico.
Questo approccio sta portando grandissime soddisfazioni in termini sia di dolore che di funzionalità articolare, oltre che di velocità di recupero funzionale.
Quanto è importante la soddisfazione del paziente?
Per quanto riguarda la chirurgia protesica il concetto di soddisfazione parte dallo stato patologico del paziente, intendendo sia il dolore dovuto al processo artrosico sia la disabilità, il grado di autosufficienza e autonomia del paziente stesso.
La soddisfazione del paziente parte quindi da quelle che sono le sue aspettative, ma ovviamente bisogna arrivare alla chirurgia protesica nel momento in cui sono realmente presenti delle disabilità.
Se un paziente ha l’articolazione che dà fastidio, ha limitazioni quotidiane, deve muoversi meno altrimenti ha dolore, non può fare escursioni in montagna, non può fare una passeggiata più lunga di due isolati altrimenti il ginocchio o l’anca gli provocano dolore, ecco allora che ci sono le indicazioni all’intervento protesico. Ovviamente deve esserci la diagnosi di processo artrosico: un’articolazione, infatti, può far male non solo per l’artrosi, ma anche per un edema osseo, per una artrite reumatica oppure per una problematica di tessuti molli come menischi, legamenti o capsula ma con cartilagini perfette.
Sempre più persone arrivano dicendo “ho male all’anca, ho male al ginocchio; ho bisogno della protesi”. La protesi tuttavia non è il trattamento da utilizzare in tutti i casi e talvolta si fa fatica a farlo capire, ma noi guidiamo il paziente, perché il nostro obiettivo è proporre la terapia più idonea, caso per caso.
Quanto è importante la collaborazione tra i vari membri dell’equipe?
La nostra intesa è il frutto di 15 anni di lavoro insieme, che nel tempo ci ha visto superspecializzarci, ognuno in una o due determinate branche di chirurgia articolare, grazie ad esperienze scientifiche e chirurgiche nazionali ed internazionali; oggi ognuno di noi riesce a dare quel valore aggiunto di esperienza e competenza specifica a tutto il gruppo, soprattutto nella gestione dei casi più difficili.
Ognuno di noi vede il paziente, lo inquadra, lo segue, ma in sala operatoria c’è sempre chi è super esperto di quel distretto anatomico, in modo da garantire che il paziente possa ricevere il miglior trattamento possibile in rapporto alla patologia riscontrata.
Ci capita spesso di fare dei briefing per discutere casi particolari o controversi magari per pazienti che hanno già effettuato visite da più specialisti senza venire a capo del problema, proprio per cercare di analizzare quella problematica specifica e arrivare ad una conclusione il più possibile favorevole per il paziente.
Ci occupiamo di spalla, anca, ginocchio, piede e caviglia; questo fa sì che la nostra equipe riesca a prendersi cura del ragazzino con problematiche dell’accrescimento, piuttosto che della traumatologia dello sport, fino ad arrivare al paziente di una certa età con una problematica
degenerativa e che necessita di chirurgia protesica. In definitiva, abbiamo un ventaglio di know-how e di esperienza che, anche grazie al confronto continuo tra di noi, ci permette di inquadrare al meglio ogni singola patologia e richiesta e di offrire ad ogni paziente la migliore soluzione terapeutica.