La personalizzazione nell’ambito della chirurgia protesica è un elemento cruciale per ottimizzare il funzionamento degli impianti protesici, nel pieno rispetto delle differenze tra i vari pazienti e delle esigenze di ciascuno di essi; ne parliamo con il dottor Arcangelo Russo.

Dottor Russo, che cosa si intende per protesi “personalizzate”?

Oggi siamo sempre più alla ricerca di una customizzazione degli impianti protesici, sia di anca che di ginocchio.

Questa necessità è evidente in particolar modo nell’ambito della protesica di ginocchio.

L’articolazione del ginocchio, infatti, è molto complessa e può presentare differenze consistenti non solo da paziente a paziente, ma anche nella stessa persona tra un arto e l’altro (a causa di intervenute patologie, traumi, difetti di accrescimento ecc.), mettendoci di fronte ogni volta a una condizione unica.

Da qui la necessità della personalizzazione dell’impianto protesico, che non può prescindere dalle richieste funzionali del paziente e dalla condizione iniziale dell’articolazione.

L’articolazione del ginocchio deve essere molto mobile, ma al contempo, grazie ai legamenti e alle strutture anatomiche che la circondano, anche molto stabile. Proprio questa particolarità molto spesso rappresenta la causa di un fallimento protesico: una lassità o una tensione eccessiva a carico di un legamento, infatti, talvolta può determinare dolore anche su impianti che sembrano perfettamente posizionati.

Il problema nasce dal fatto che su persone molto differenti tra loro vengono utilizzati i medesimi impianti e la stessa tecnica.

Come effettuare allora una personalizzazione delle protesi di ginocchio?

La customizzazione dell’impianto protesico, costruito su misura in base alla forma del ginocchio nativo del paziente (sulla base di immagini 3D preoperatorie), è qualcosa di ancora molto complesso, anche in ragione dei costi piuttosto elevati.

Oggi la maggior evoluzione in termini di personalizzazione degli impianti protesici consiste nella scelta di un impianto quanto più vicino all’anatomia del paziente.

Sulla base di una serie di studi morfologici, le aziende produttrici hanno progettato impianti protesici “standardizzati” che ben si adattano a una serie di ginocchia, incluse varianti con morfotipo varo oppure valgo.

Ma il punto cruciale per noi è la personalizzazione della cinematica dell’impianto.

Il nostro obiettivo è utilizzare un impianto che lavora bene su un ginocchio che lavora bene.

Con la tecnica dell’allineamento cinematico da noi utilizzata, che assicura risultati molto soddisfacenti anche in termini di velocità di recupero funzionale, le componenti protesiche vengono impiantate nella miglior posizione possibile per il singolo paziente, al fine di non alterare la condizione capsulare e legamentosa del ginocchio.

Rispettare la cinematica del ginocchio che deve essere protesizzato ci permette di creare meno tensioni a carico non solo dei legamenti, ma anche delle strutture che “ruotano” intorno all’articolazione del ginocchio.

Ci sono altri strumenti utili per personalizzare una protesi?

Ulteriori device a nostra disposizione sono le maschere di taglio personalizzate, costruite dalle aziende sulla base di esami strumentali (TAC tridimensionale) effettuati sul singolo paziente in fase preoperatoria. Le mascherine personalizzate ci guidano nei tagli in modo tale da posizionare perfettamente l’impianto, così come delineato nel piano preoperatorio.

Questa tecnologia, che utilizziamo in casi specifici, ci permette di ridurre i tempi operatori, diminuire il sanguinamento intraoperatorio e rendere ancora meno invasivo l’impianto protesico.

Infine, non possiamo esimerci dal menzionare l’utilizzo della robotica, che rappresenta uno strumento che permette al chirurgo di posizionare l’impianto protesico con estrema precisione e nel miglior modo possibile per ciascun paziente.

E per le protesi d’anca?

Anche nell’ambito delle protesi d’anca la tendenza è quella di una personalizzazione dell’impianto, che si esprime soprattutto nella scelta da parte del chirurgo delle componenti protesiche con dimensioni e forme più adatte al singolo paziente (in particolare nella scelta dello stelo femorale) e della via d’accesso all’articolazione.

Per esemplificare, l’accesso per via anteriore (che consente di accedere all’articolazione senza ricorrere al taglio di muscoli) in un paziente giovane garantisce esiti ottimali e un recupero più rapido della funzionalità articolare anche in vista di un ritorno all’attività sportiva.

Anche nel caso della protesica d’anca il robot può rappresentare uno strumento vantaggioso in grado di fornire al chirurgo informazioni (per esempio, dati relativi alla lunghezza dell’arto) importanti per il posizionamento ottimale delle componenti protesiche e per massimizzare la stabilità articolare.